Patologia dell’esibizione

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Nel giugno del 1984, durante un concerto tenuto al Saint Paul Civic Center in Minnesota, Bruce Springsteen, eseguendo il brano Dancing in the Dark, il cui ritmo trainante è scandito a un certo punto da alcuni passi di danza, fa salire sul palco una giovane fan dal volto acqua e sapone, coinvolgendola in un balletto poi diventato immagine cult del Boss. La scena ha fatto colpo e si è fatta ricordare per l’imbarazzo della ragazzina coinvolta e per l’apparente spontaneità e disponibilità del cantante. Ora, però, si è venuto a sapere che la ragazza allora coinvolta (Courtney Cox) era un’aspirante attrice che aveva studiato ballo ed era stata appositamente ingaggiata e collocata in quella posizione fra il pubblico, pronta a recitare il proprio ruolo dietro un compenso in denaro, e che la ripresa venne ripetuta più volte, fino ad ottenere la versione definitiva.

Era inevitabile che per gli ammiratori di Springsteen questa rivelazione assumesse il gusto amaro del tradimento, perché adornando la sua immagine con quella artificiosa falsificazione egli si è mostrato in modo contraffatto, prendendo in giro i suoi fans nel momento in cui questi pensavano di star assistendo ad una cosa, quando in realtà ne stavano guardando un’altra, completamente diversa. Ma questi sono episodi che nel mondo dello spettacolo accadono normalmente, ne sono l’essenza e l’anima, facendo parte del copione da recitare. Semmai è anomala e mal posta la fiducia nei confronti di individui che per mestiere sono costretti a fingere e a mostrarsi per quello che in realtà non sono.

L’episodio risulta comunque significativo, al di là del caso particolare, proprio oggi che la tendenza a falsificare la realtà è giunta a un punto tale da non potersi più tracciare precisi limiti fra ciò che è vero e ciò che è falso. Oramai, infatti, è concesso a chiunque — e non solo ai grandi mentitori dello spettacolo, del giornalismo e della politica — di mostrarsi nel modo che si ritiene più opportuno, visti i potenti mezzi tecnologici a disposizione, dando ad ognuno la possibilità di “esibirsi” attraverso gli aggiustamenti necessari alla bisogna. La forza dissolvente e distruttiva che si impossessa delle persone nelle società decadute, trova in questa corsa alla falsificazione uno degli strumenti più efficaci per scardinare l’equilibrio interiore di un individuo, e, di conseguenza, di una civiltà vuota e materialista come la nostra.

E l’aspetto patologico di questa mania del mostrarsi ed esibirsi emerge in tutta la sua problematicità nel momento in cui la si confronta con la ricerca dell’anonimato, e addirittura con la volontà di rendersi invisibili, di guru mistici e santi delle epoche passate, immerse e plasmate nella dimensione della trascendenza. Quando gli iniziati e i maestri spirituali, non solo cercavano di sottrarsi alla vista dell’uomo della strada, ma addirittura evitavano accuratamente di svegliare qualunque sensazione in chi li circondava, non facendo nulla per farsi notare, cercando di non provocare negli altri alcuna riflessione o impressione al loro riguardo. Oggi, nell’andare in giro per luoghi pubblici negozi e ristoranti ci si sente in dovere di usare un tono di voce eccessivo e di fare quanto più baccano possibile, gesticolando esageratamente, urtando persone e cose, cercando di determinare continue sensazioni nell’ambiente circostante. Attirare l’attenzione sembra essere diventato un bisogno primario, quando invece già la sola decenza imporrebbe di avanzare e muoversi dolcemente e in silenzio, facendo nascere meno impressioni possibili intorno a sé, non eccitando l’attenzione altrui e facendo in modo di essere poco o affatto notati. E non è solo col frastuono e coi gesti del corpo che si rimane “imprigionati” nei pensieri e nelle considerazioni altrui, perché anche i movimenti della mente svegliano sensazioni attorno a se stessi e inviano segnali per essere percepiti.

D’altronde, se le figure poste ai massimi vertici della nostra società, i personaggi più apprezzati e seguiti come esempi e modelli si comportano in questo modo, cos’altro ci si può aspettare dai loro emuli e seguaci? Il passaggio dalla Fides a Fedez certifica il trionfo della “tirannia dell’io”, che prevale e si diffonde a macchia d’olio, collocandosi agli antipodi dei “Regni dello Spirito” in cui si muovevano ed agivano gli invisibili del passato. Quegli uomini della Tradizione il cui modo d’essere e il cui stile di vita rimangono un modello sempre accessibile per coloro che non si identificano con l’anomalia attuale; per l’uomo naturalmente tradizionale che vuole, contro tutto e contro tutti, sopravvivere nell’atmosfera antitradizionale del mondo moderno, essendo consapevole del fatto che continueranno fino all’ultimo ad essere garantite le influenze spirituali indispensabili per approntare le opportune contromisure e le necessarie difese interiori, a disposizione di chi, fiducioso, continuerà a orientare la propria vita verso la trascendenza.

Artículo*: redazione

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